Integrazione Commercio-Turismo, “perché la Sicilia ha bisogno di valorizzare l’esistente”Il recente studio commissionato da Unioncamere prospetta, almeno sino ai prossimi due anni, il calo dei consumi soprattutto al Meridione, dovuto in massima parte al rallentamento degli investimenti e alla riduzione del reddito delle famiglie per effetto delle politiche fiscali e dell’aumento dei prezzi. Dunque, l’aspettativa è di aggravamento della disoccupazione, “che al Sud può raggiungere livelli ancora più negativi”. “Tra tagli ai trasferimenti e inasprimento del Patto di stabilità – ha osservato il presidente dell’Upi, Giuseppe Castiglione – Regioni, Province e Comuni vedranno ridotti i loro bilanci di -7,3 miliardi per il 2011, di -19,5 miliardi per il 2012 e di quasi -20 miliardi per il 2013. La conseguenza immediata è il drastico calo degli investimenti degli Enti locali. Secondo le rilevazioni della Corte dei Conti, infatti, si è arrivati ad una contrazione del -23% delle risorse. E’ necessario intervenire sul Patto di stabilità, aprendo un tavolo per modificare le regole e consentire l’utilizzo delle risorse per i pagamenti bloccati nelle casse di Province e Comuni. Per le Province si tratta di almeno 2 miliardi di euro; risorse consistenti che si potrebbero destinare allo sviluppo”.
In questo contesto, i territori sono chiamati ad elaborare strategie di vera e propria “resistenza” alla crisi. In particolare nella Provincia di Catania da tempo si registra uno stato di emergenza sociale, assumendo come indicatore il diritto all’abitazione. “Sono 11.800 i cittadini inseriti nelle graduatorie per l’assegnazione di una casa popolare, ben 496 le domande per assegnazione casa a seguito di sfratto e 115 le domande per l’assegnazione di un’ abitazione a seguito di ordinanza di sgombero”, denuncia la segretaria del Sunia di Catania, Giusy Milazzo.
A Catania la Camera di Commercio- in occasione della tradizionale Giornata dell’Economia che si svolge annualmente nel mese di maggio e con la collaborazione del Dipartimento Impresa Culture Società dell’Università degli Studi di Catania diretto dal professore Rosario Faraci- ha presentato la sua proposta: un modello di sviluppo integrato che punta sui settori del commercio e del turismo per la loro capacità di crescere sui mercati esteri. “L’agroalimentare vocato all’export e il turismo in grado di attrarre ricchezza dalle altre regioni o dagli altri stati. La loro integrazione- spiega il professore Faraci- può favorire un incremento del prodotto interno lordo a livello provinciale attraverso una più forte immissione di valuta straniera”.
Gli appassionati di automobilismo sanno bene che non basta il motore, stante che bisogna poi costruire tutto intorno la macchina e infine affidarla ad un buon pilota. Catania appartiene ad un contesto regionale carente sotto il profilo della dotazione infrastrutturale. Aspetto non secondario ai fini dello sviluppo dei territori, è principio assodato in Economia. Eppure la politica siciliana, negli ultimi quattro anni almeno, si è ingessata intorno al dibattito sulla realizzazione del Ponte, quasi che tutto il resto al di qua dello Stretto fosse capace di auto generarsi. Pur tralasciando il contesto, Catania sconta problemi di vivibilità recentemente denunciati dalla Funzione Pubblica CGIL. Secondo il sindacato, il corpo dei Vigili Urbani di Catania ha una carenza di organico stimata in 900 unità.
Resta poi la questione del lavoro alle giovani generazioni, che interseca l’organizzazione del commercio.
La proposta della Camera di Commercio privilegia la creazione dei centri commerciali naturali in controtendenza ai tradizionali centri commerciali. “Non mi preoccupa il giovane che emigra – spiega il presidente della Camera di Commercio di Catania, Pietro Agen- a condizione che i territori creino le condizioni per scegliere se restare, partire o ritornare. E’ molto complicato, invece, chiedere ad un cinquantenne di spostarsi alla ricerca di un nuovo lavoro”. I centri commerciali offrono posti di lavoro a contratto determinato, spesso riservati ai trentenni: in altri termini, nessuna certezza e basse retribuzioni. L’Assemblea regionale, nell’ultima finanziaria, aveva posto le premesse per frenare il moltiplicarsi di queste mega strutture commerciali, salvo l’impugnativa del Commissario dello Stato in nome del principio della libera concorrenza. Il rischio ora è la desertificazione delle città a seguito della mortalità delle piccole botteghe.